lunedì 23 settembre 2013

MagraUgualeBellaUgualeFelice STICAZZI




Ultimamente mi capita spesso che mi dicano “Come sei magra!” oppure: “Beata te che sei magra!”. Con un misto di invidia e ammirazione.

Perché ti hanno detto che magrezza tre quarti di bellezza, e una donna bella, si sa, è una donna felice?

Deve essere felice, cazzo! 

Se no a cosa servirebbero tutti questi interminabili, ferrei Ramadan iniziati di lunedì (da oggi solo insalata scondita e pollo alla griglia senz’olio. Né sale. Né gusto.) e finiti il martedì alle ore 18.30 perché “il lavoro mi fa ammattire, me lo merito un barattolo intero di Nutella mangiato direttamente con le dita”. Anzi, fai in endovena và, che si fa prima.

A cosa servirebbero gli innumerevoli sensi di colpa da cibo? “Ecco, lo sapevo che non avrei dovuto farmi tentare da quella pizza al triplo pomodoro ripiena di lardo… Ma avevo fame! E comunque, da oggi palestra, così brucio anche tutte le calorie del maialino da latte allo strutto e marmellata di bucce di patate. Senza se e senza ma. Vabbè, da domanipalestra. Ma domani vado! Davvero!”.

Beh, lasciatevelo dire da una magra. Vi hanno ingannate. Non è vero che magra uguale bella ergo felice.

Perché una volta che finalmente sarai diventata magra (che poi, come si fa a capirlo? Spunta dalla bilancia un tizio con cappellino di Capodanno e trombette che ti seppellisce di coriandoli al grido di “Complimenti! Ce l’hai fatta! Sei magra!”?) ci saranno:
- le tette (assenza di, o abbondanza di. Mai contente). Perché ovvio, devi pesare cinquanta chili ma avere il davanzale della Pemela Enderson. Come se cose del genere esistessero in natura;
- la forma del naso. Sono fiera portatrice sana di naso storto. A me piace, il mio naso storto. Non mi hai mai fatto niente di male, perché dovrei prenderlo a martellate per raddrizzarlo? È un po’ una guerra preventiva, e a me George Dabliù Bush mi è sempre stato grandemente sulle balle;
- le gambe che non sono abbastanza lunghe;
- gli zigomi che non sono abbastanza definiti;
- le caviglie che non sono abbastanza sottili.
- la cellulite, vogliamo parlare della cellulite, ‘sta iattura democraticamente universale? Ecco, no, non parliamone che mi viene l’ansia.
Potrei continuare all’infinito, vi prego, fermatemi. Ma ci rendiamo conto? Una avrebbe bisogno un chirurgo à porter. In borsetta. “Oddio, non mi piace l’incavo del mio gomito!” E –zacchete!- bisturi. Gomito perfetto. “I lobi delle mie orecchie sono grassi!” Zac! Manco il tempo di dirlo, liposuzione ai lobi (o si dice lobotomia? Ah no, quella l’hanno fatta a me da piccola).

Perché il problema non è la bilancia. Il problema non è lo specchio. Il problema sei tu. Il problema è l’ansiogena condizione umana che ti spinge a desiderare di essere ciò che non sei e di avere ciò che non hai.

Non saremo mai perfette. Accettiamolo.

Ci saranno giornate sì, in cui ci sentiremo supersciantose pazzesche e spaccheremo il mondo e conquisteremo il Principe Harry (ricordiamolo, il terzo in linea di successione al trono d’Inghilterra e l’unico con ancora tutti i capelli in testa). Poi, se mai dovesse succedere, sappiate che Shakespeare ha scritto un libretto d’istruzioni facile e maneggevole sull’ascesa al trono. Si chiama Macbeth. Lady Macbeth è simpatica. E io non vi ho detto niente.

E ci saranno giornate no, in cui le foglie scartate dell’insalata al supermercato vi daranno lezioni di autostima. Accettarle. Modalità sopravvivenza. Mantra “Domani è un altro giorno domani è un altro giorno” on. Passerà, giuro. Impariamo ad accettarci, perché se non ci amiamo noi per prime, come possiamo pretendere che lo facciano gli altri?

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