giovedì 16 gennaio 2014

IL BURLESQUE NON è UN CORSO PER FARE LE BURLE

Sono magra. Magra che mi si vedono le costole. Magra che le mie ossa sono appuntite e i miei gomiti tagliano. Magra che una volta un barbone si è offerto di condividere la sua cena con me.

Magra, insomma.

Beh, gli uomini vogliono le modelle, direte voi, avrai fortuna col sesso forte.

Cazzate. Come dice il fidanzato di Bridget Jones “Gli uomini vogliono sederi talmente larghi da poterci parcheggiare una bicicletta”. No, non una bellissima immagine mentale, lo so, però rende l'idea. Il maschio vuole la ciccia. Roba da palpeggiare. Soprattutto, il maschio medio vuole LE TETTE.

I HAVEN'T GOT ANY TETTE, in compenso parlo un ottimo inglese maccheronico.

Uì, je suì Catrìn Deneuv...ehm...no, quella è un'altra lingua.

Vabbè.

Kate Moss è sexy solo in passerella. L'uomo vero italiano vuole la Valeriona Marini, bella buzzicona nostra, con tutte le sue forme prorompenti e la sua aria da bionda svenevole.

Per rimediare in parte alla mia mancanza di cellule grasse mi sono iscritta a un corso di Burlesque.

Sì, BURLESQUE.

Avete presente Dita Von Teese, la ex di Marilyn Manson, che emerge da una mega coppa di Martini vestita solo di paillettes?

Ecco, io non c'entro una mazza.
Io al massimo posso essere la ballerina in ultima fila che sbaglia i passi e arranca fuori tempo cercando di darsi un'aria da “Lo sto facendo apposta, che pensate”.

La mia maestra si chiama Miss Sophie Champagne. Ed è gnocca. Curvosa. Sexy. Gattina.
Bionda, ovvio, c'erano dubbi?

Questa è Miss Sophie Champagne. E scusate se è poco, eh.


Prima lezione. 

“Ragazze, oggi vi spiego i due passi base del Burlesque, il Bump&Grind e lo Shimmy Shake. Il secondo è facile, dovete solo scuotere le spalle e il seno!”
Manina timida (la mia) che si alza in fondo alla sala “Maestra, e per chi NON HA IL SENO?!?”
Risate generali.
Ehi, io mica stavo scherzando! Davvero non ce l'ho, il seno! Quando distribuivano le tette, io ero in fila per il cervell...ehm... la simpat... ehm... la pigrizia.
Sì, ho fatto un affarone, lo so.

Comunque. Miss Sophie avanza richieste ragionevoli, per essere una prima lezione.

“Prossima volta portate un vestitino con le spalline, calze di nylon e reggicalze.”

No, scusa, hai detto REGGICALZE?!?! Io non ce l'ho un reggicalze! Alla fine lei ha detto “biancheria da letto”, va bene lo stesso un pigiamone di flanella?

No non va bene. Comprati 'sto cavolo di reggicalze.

Evabbè. Vi risparmio i perculi della commessa del negozio di intimo, che mi guardava con compassione e l'aria da “Ma dove vivi, c'hai trent'anni e neanche un reggicalze, ma dove vuoi andare”.

Seconda lezione.

Miss Sophie spiega come indossare il reggicalze. Sì, la fai facile tu.

Iaia si contorce affannosamente sul pavimento lottando come Laocoonte col serpente/reggicalze. Miss Sophie, elegantemente, ride nascondendosi dietro la vezzosa manina (Miss Sophie doveva troppo nascere negli anni '60, è la reincarnazione di Marylin Monroe). Iaia – che è la reincarnazione magra di Ulag il Camionista Ucraino degli anni '80 - continua la sua guerra senza quartiere con l'infernale aggeggio.

Il Laocoonte, o "Iaia vs Reggicalze". Ha vinto il reggicalze, 3-0

Piccolo flashback. Avete presente quando al liceo vi facevano studiare tutte quelle astruse formule di fisica, e voi passavate un quarto del tempo a studiare e i rimanenti tre quarti a maledire il coglione che le aveva inventate (possano le sue ossa essere corrose dai vermi/poteva ciulare un po' di più invece che tormentare me/ ci credo che sua moglie non gliela dava a 'sto sfigato/ eccetera)?

Ecco, io ho avuto la stessa reazione coll'inventore del reggicalze. DEVI DA MORì MALE!!

Si fosse fermata al punto 1: Indossare il reggicalze, avrei potuto uscirne viva.

E invece.

Devi Indossare il Reggicalze, Attaccarci Le Calze, e Poi Toglierti Tutto Il Maledetto Ambaradan Volteggiando a Ritmo Di Musica, Mentre Ammicchi Maliziosamente Al Pubblico!

Sssì, certo. sì. Come no.

Volteggio a ritmo di musica. Check.
Mi tolgo il vestito. Check.
Ammicco maliziosamente. Check. (sembra che io abbia mal di denti, ma fatemelo passare come ammiccamento malizioso, dai, non siate formali)
Tolgo la prima calza. Check.
Sfracello sul pavimento. Check.
Mi sbuccio tutt'e due le ginocchia E un gomito. Check.
Vengo derisa. Check.

ET VOILà, superspumeggiante spettacolo di Burlesque con Miss Iaia l'Imbranè!

Le altre ragazze ondeggiano armoniosamente per la sala da ballo (alte, basse, magre, formose, di tutti i colori e di tutte le età, e anche tizie di Bulgària o giù di lì. Non è vero che il Burlesque non è per tutte. Semplicemente, non è per me).

Le altre ragazze del corso. Capite bene che io non c'entro una beneamata cippa.


E' stata una carriera breve e fulminante, ma io MI RITIRO.

E adesso, sfottetemi pure. Dai, lo so che morite dalla voglia.


Conclusione della mia carriera di Champagnina: mi sono divertita come una matta. Ho conosciuto un sacco di ragazze adorabili. E ho ri(scoperto) che io, in fondo, mi piaccio così. Perchè il Burlesque, è solo quello: essere sexy proprio perchè ti stai divertendo, e sei a tuo agio con te stessa, e hai voglia di trasmetterlo agli altri. È gioia di vivere pura.
No, non mi vedrete mai esibirmi su un palco coperta di piume e di lustrini.

Solo spettacoli privati, tra me e il mio specchio. (che se è disgustato, almeno se lo tiene per sè)


e Champagne Academy Of Burlesque Education: https://www.facebook.com/ChampagneAcademyBurlesqueEducation

Questa invece è la pagina delle Champagnine fighe, mica come me:

giovedì 12 dicembre 2013

PRINCIPESSE E BASTARDI - Storia di ordinaria follia

Le mie serate si possono riassumere più o meno con “Faccio cose, vedo gente”. Come tutta Milano. Oltre a fare cose, e vedere gente, ASCOLTO LA GENTE. Ascolto veramente quello che mi raccontano, non per dovere sociale.

Ieri una mia amica mi ha raccontato una storia da SANGUE – GHIACCIO – VENE.

Lei, che chiameremo Esmeralda: bella, giovane, simpatica, romantica farfalla sociale in cerca dell’amore vero.

Lui, che chiameremo GRANDISSIMO BASTARDO (GB, d’ora in poi), conosciuto una sera al Byblos. Bellodamorire e che sa di esserlo.

Si scrutano, si annusano, si piacciono. Lei gli lascia il numero; lui, come è giusto che sia, la chiama. Inizia tutto, come sempre, con un aperitivo (così se ti rompi le balle puoi svicolare senza imbarazzi). L’aperitivo si trasforma in cena. Lui è il principe azzurro. Intelligente, brillante, comprensivo.

Al primo appuntamento ne segue un secondo. Fino a qui, tutto normale (lei ha già gli occhi a cuoricino, in tutto questo).

Ma.

DISNEY, SAPPILO, IO TI ODIO PER AVERCI CREATO FALSE ASPETTATIVE SUGLI UOMINI!

Lui si rivela per quello che è.

*I dialoghi sono realmente accaduti, giuro che non sono un parto della mia mente

ORE DUE DI NOTTE
GB: “Beh quindi, che facciamo, andiamo da me?”
E: “Ma guarda, è il secondo appuntamento, per chi mi hai presa?”
GB: “Beh ti ho preso per una che ho conosciuto al Byblos, che pretendi? E comunque io sono abituato alle ragazze che mi si buttano addosso, ma mi hai visto?”
(PREEEEEGO?!?!)
E: “Prego?”
GB: “Senti, ti do tre opzioni: o vieni a casa con me, o ti strappo i vestiti qui, o scendi dalla macchina.”
E: “Io vedo un’opzione sola.”
GB: “Ciao, allora.” Prende il cappotto della donzella, lo getta fuori dalla macchina, e LA LASCIA Lì. IN MEZZO AL NULLA. Senza punti di riferimento, senza niente. (dietro la stazione Garibaldi, in un’anonima stradina laterale come ce ne sono mille a Milano)

La nostra Esmeralda trova un taxi e torna dalle sue amiche, traumatizzata.
(Ringraziamo Iddio che la nostra amica avesse soldi per pagarsi il taxi e un cellulare per chiamarlo e che il taxi sia arrivato in tempo per trovarla sana e salva)

EPILOGO

A Roaring Rampage of Revenge. Tiè.


Nei giorni successivi, le amiche di Esmeralda riincontrano il GB. VENDETTA TREMENDA VENDETTA

Insultare lo stronzo: fatto.
Schiaffeggiare lo stronzo: fatto.
Lavarlo con un cocktail: fatto.

Per caso ti abbiamo fatto fare una figura di fango davanti a tutta la discoteca? OPS.
(e se vieni svergognato al Byblos, fidati, nessuno se lo dimenticherà tanto presto. Goditi la figuraccia).


Detto questo,

QUESTA IO LA CHIAMO VIOLENZA SU UNA DONNA.

Violenza non è solo schiaffeggiare, non è solo insultare, o urlare, o minacciare. No. Violenza su una donna significa metterla in posizione di inferiorità, mettere a rischio la sua sicurezza, e soprattutto IGNORARLA COME ESSERE UMANO. Indipendentemente dal posto in cui hai conosciuto una persona, indipendentemente da come è vestita, indipendentemente dal suo lavoro, qualunque cosa sia o faccia UNA DONNA MERITA RISPETTO IN QUANTO ESSERE UMANO.

Io sono convinta che la maggior parte dei maschi che leggono non lascerebbero un cane da solo per strada di notte, figuriamoci una ragazza. C’è bisogno di fare campagne anti-abbandono femminile? Me scema, pensavo che fosse una cosa assodata che non si lasciano le fanciulle per strada, tu guarda come sono ingenua!

E NON MI DITE CHE è COLPA DI LEI, CHE è USCITA CON ‘STO CRETINO. Bisogna smetterla di dare alla vittima (sì, lei è una vittima) la colpa degli atti dell’aggressore.


VIOLENZA SULLE DONNE è ANCHE QUESTO.


lunedì 28 ottobre 2013

PRIMO POST DA FASHION BLOGGER (HAHAHAHAH no.)


Questa è una prova di post da fashion blogger seria. Seria, oddio. Da fashion blogger.

No Photoshop, no fotografi professionali, no pose da diva, no reflex. Only me.

Sono andata a Bergamo a fare un giro, mi piaceva com'ero vestita, mi sono fatta fare qualche foto. Chiaramente il fotografo non sa neanche da dove iniziare, dato che in metà degli scatti mi ha tagliato i piedi, e vi risparmio quelle sfocate, và, cheèmmeglio. Ma diciamogli che è stato bravo che se no ci rimane male.

BRAVO, fotografo!

Comunque. Bergamo Alta è una cittadina bellissima e molto rommantica, Santa Maria Maggiore la basilica, è costruita in quello stile romanico pulitissimo che a me fa sempre sbavare, anche se il mio primo amore rimane il gotico.
Purtroppo hanno pensato male di rovinarla, decorando gli interni in stile barocco. Ma perchè, dico io, perchè? Hai una chiesa che è un gioiellino, ci aggiungi qualche marmo colorato fuori e mi può anche andar bene, ma cosa ti viene in mente di arredarla come un circo, dentro?





Anche i piccioncini romantici! Che teneri ♥
Io mi chiedo come facessero a concentrarsi sulla preghiera gli uomini del seicento, quando ogni centimetro quadrato della superficie delle loro chiese era stuccato, dorato, dipinto e affrescato. CHE ANSIA. Io non sono credente - sono più sul chissenefrega, carpe diem, che alla vita dopo la morte ci penso, appunto, dopo che sono morta – ma mi viene da pensare che sia molto più facile elevare il proprio spirito a Dio in una chiesa di marmo bianco, con volte altissime e spazi ininterrotti, piuttosto che in una sorta di Tempio del Trash. Oh, Anna Dello Russo sarebbe andata in estasi sicuro, but I'm not Anna dello Russo e a me piacciono le linee dritte, le arcate ogivali, e le giacche col collo alla coreana.

Anna Dello Russo, Fashion editor di Vogue Japan (una che afferma di aver bisogno di 50.000 euro per ogni outfit, mica noccioline, eh)

Come quella che indosso. Venghino, siori, venghino a vedere la sfigatella comasca che ha la pretesa di imitare Gisèle per H&M e non ci riesce!
Cioè. Costava poco. Era blu, che a me il blu d'autunno mi fa tanto back to school/collegiale (a proposito, avete visto la campagna di Tommy Hilfiger Inverno 2013? Amo tutto. Amerei anche i modelli, se potessi, ma ho come l'impressione che non mi si filerebbero. Mondo crudele). Ha della lana nella composizione, un cigno nero per H&M che di solito se non è puro nylon 100% si rifiuta di produrlo. Vuoi non comprarla? Vuoi lasciarla lì tutta sola? Ma no, povera giacca, che poi le vengono i complessi.

Ok, adesso la smetto di blaterare e pubblico le foto.

Qui sotto.

Occhi chiusi, what else? 





Notare il piede tagliato e la faccia da pirla


Vi chiederei che ne pensate, ma ho paura di esser presa a male parole. Quindi commentate solo se avete dell'ammore da darmi, che io sono piccola e tenera.

Giacca: H&M
Camicia: H&M (sì, sono poraccia, mavà?)
Jeans: marca boh, presi in un negozietto milanese belllissimo che si chiama “Un peu D'amour Pour Toi”. Andateci, seriamente. Corso Concordia numero mah.
Ballerine: ma secondo te mi ricordo dove ho acquistato tutto ciò che ho addosso? Non sono così malata! Sono di pelle scamosciata, sono comode, va bene così.
Borsa: Accessorize
Occhiali: Prada

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lunedì 14 ottobre 2013

COSE DA NON POSTARE SU FACEBOOK


Dalle esperienze di una Facebook addicted, consigli per non rendervi ridicoli sui social network. Il titolo dice tutto.

Cibo.
    Ok, abbiamo capito. Mangiate. Anzi, state mangiando. In questo momento. Ma sinceramente, non ce ne può fregare di meno. Sì, la cupcake con fragoline di bosco appena colte e cioccolato del Madagascar è carina e ornamentale, e decora il gradevolmente il profilo.

    Uuuhhh che tenero che carino che ornamentale. Sì, se non ne avessimo già viste tremilioniemezzo.

    Ma, per esempio, la cazzuola NO.

    NO.

    C'è gente capace di superare la velocità della luce nell'atto di rimuovere una foto di sé venuta male. 

    Ecco, quelle stesse persone pubblicano, perché il mondo lo veda, le prove provate dei loro esperimenti culinari falliti. Perché questo disamore per te stessa, cara ragazza? Checchè se ne pensi, un piatto riuscito male non dice di te “Sono spiritosa e autoironica e rido dei miei errori”. No, no. Dice proprio “Non so cucinare e non ho neanche un minimo di amor proprio per proteggermi dal pubblico ludibrio”.

    Non. Pubblicare. Cibo.

    Bambini.


    No, non sono senza cuore. 

    I bambini mi piacciono. 

    Quelli degli altri. 

    Per cinque minuti. 

    Ok, facciamo quattro. 

    Ma avvicinandomi ai trent’anni la mia bacheca improvvisamente sembra un asilo nido. Dove sono finite le care vecchie foto imbarazzanti di serate devastanti? Perché gli inviti ai battesimi sono più numerosi di quelli agli aperitivi? 

    Mmmhhh vediamo... ripulisco i pargoletti dal fango o vado a fare l'aperitivo? Ah, che scelte difficili.

    Ma soprattutto: chi vi ha detto che sentiamo il bisogno di seguire passo passo le gesta epiche del vostro pargolo? 

    Sì, sono sicura che il suo ruttino mattutino sia grande fonte di gioia e stupore per tutta la famiglia, e ci mancherebbe anche. È bello sapere che i cuccioli d’uomo crescono in famiglie piene d’amore (Ebbene sì, ho un lato dolce anche io). Ma tenete la vostra progenie per voi! A parte l’ovvio problema dei pedofili (momento pubblicità progresso: seriamente, proteggete le foto dei vostri bimbi), a me viene ansia da prestazione. 

    Supermamme, già noi trentenni attuali siamo già abbastanza ciofeche così, volete proprio sotterrarci? Cioè, non solo riuscite anche a crescere batuffoli che non si sporcano mai e mangiano tutte le verdure che hanno nel piatto, ma siete anche perfette e fighissime ad ogni ora del giorno. E ovviamente avete un marito adorabile e premuroso. 

    Non ce la possiamo fare a starvi dietro, eh.

    Angelina Jolie, esempio di Mamma perfetta & superfiga. Stronza.

    Aforismi di scrittori famosi (spacciandoli per vostri).


    Al momento può essere gratificante postare una frase di Bukoski, o di Oscar Wilde (i più gettonati), e non citarne l’autore. 

    Tutti gli ignorantoni belli che popolano Faccialibro attribuiranno a voi il parto mentale e vi sommergeranno di mi piace e di commenti profondi, che spaziano dalla risata a bocca aperta alla valutazione delle vostre capacità mentali. 

    Ricordatevi che “genio” è molto utilizzato ed è sempre apprezzato dal destinatario. Einstein si rivolta nella tomba.

    Non che io non sia d'accordo con lui, la maggior parte delle volte.

    NOOOOOO FABIO VOLO NOOOOOOOO!
    Te lo mutilo, quel pollice opponibile!

    Trovo la copia più intelligente dell'originale.

    Ma. Ma. Trovatevi ad una cena con persone dotate di quoziente intellettivo superiore al 12. 
    Tutti si aspetteranno da voi il medesimo smalto che mostrate sui social. Ecco, quella è la prova del nove. 

    Siete davvero in grado di sfornare epigrammi degni di Marziale? Riuscite a fulminare il vostro pubblico con una battuta breve e pungente?

    TIPO COSì. (cit. Oscar Wilde)

    Se non ne siete capaci, non rinunciate a condividere la vostra cultura con le cerchie sociali. 

    Semplicemente, Citate. Le. Fonti.

lunedì 7 ottobre 2013

Facebook Fa Di Noi Dei Disadattati




Dire che adoro i social network sarebbe un’esagerazione. Non sono su Pinterest. Nella mia foto di Linkedin ho gli occhiali da sole (tutti i cacciatori di teste vi diranno che è il miglior modo per suicidarsi professionalmente). Twitto quando mi ricordo di avere un account Twitter, quindi mai. Il mio profilo Google + fa piangere.

Eppure, pur non essendo una socialmaniaca a tutto tondo, poche cose mi danno gioia come Facebook. 

Se non metto Burlesque in ogni cosa che scrivo la mia vita non ha un senso, quindi statemi dietro


Tre motivi principali:

Pettegolezzi pubblici


Tizio –che non vedi dai tempi del liceo - si è lasciato con Caia. Perché lo tradiva con Sempronio. E tu (che negli anni novanta lo saresti venuta a sapere a una riunione di compagni di classe, sei mesi dopo) ti godi in diretta il vespaio. Tizio ha preso a sberle Sempronio (interessante), davanti a Caia in lacrime (chissenefrega). Sempronio ha pagato sicari per spaccare le gambe a Tizio (appassionante), ma Caia si è messa in mezzo e ha riportato fratture multiple (aspetta che prendo il pop corn, è meglio del cinema). Amici che si dividono in fazioni, conseguenti cyber risse Greci – amici della fedifraga contro Troiani – amici del cornuto.

Rissa! Rissa! Rissa! (noi da casa, davanti al computer)

E tutto questo intrattenimento GRATIS, senza muoverti da casa! Che meraviglia.

Cyberstalking




Niente di grave, o illegale, per carità. Ma tu sei carino. Io sono interessata. Quindi mi studio il tuo profilo finchè non ho scoperto orientamento sessuale (facile: se posta video di Britney Spears è gay), livello d’istruzione (se invece di scrivere c’è scrive: ce, cè, o c’e, ce-stinare), situazione sentimentale (se una tipa mette mi piace ad ogni suo post, al 90% è la sua ragazza. E sta marcando il territorio. Scappare veloci, che nessuno ha voglia di essere picchiata da tizia ipergelosa), caratteristiche personali e interessi (foto di sé allo specchio: narciso. No grazie. Mille foto, ognuna con una ragazza diversa: narciso E playboy. No grazie. Foto di automobili: un futuro di domeniche passate a guardare Formula 1. No grazie. E così via). Un po’ di sano cyberstalking preventivo può evitare cocenti delusioni.


Autostima


Le brave persone traggono autostima dal numero di “Mi piace” che ricevono i loro post. “Oh, guarda, venti mi piace, si vede che la gente mi vuole bene e mi stima e mi vuole dimostrare il suo affetto partecipando alla mia vita con un click del mouse”. Questa è una persona sana, mentalmente stabile, con un’esistenza piena e soddisfacente.

Le persone instabili, mentalmente disturbate e stronze terminali come me traggono autostima dalle foto altrui, riuscite male, dagli errori grammaticali, dalle banalità, dai luoghi comuni. E’ brutto da confessare, ma è così, ammettiamolo. 

Autostima direttamente proporzionale alla stupidità dei post su FB. Che persona triste che sono.


Tutti noi abbiamo complessi da superare, problemi di cuore, scarpe superfashion in saldo di cui non è rimasto il tuo numero. È in quei momenti che necessiti la conferma che esiste qualcuno messo peggio di te. Che non sei proprio l’ultimo anello della catena alimentare sociale. UN amico su Facebook che posti la foto dei suoi piedi brutti, per Zeus, non chiedo tanto! UNO! C’è sempre qualcuno, grazie al cielo, che non ha idea di quello che si può e non si può pubblicare sui social. E il grafico dell’umore improvvisamente s’impenna.


lunedì 30 settembre 2013

LA MENTE è UN APPARTAMENTO

Mi sono sempre raffigurata la mia mente come un appartamento. Con tutte le sue stanze, ognuna con il suo bravo compito.

La Cucina dell'Amicizia, la Sala da Pranzo della Famiglia, la Camera da Letto dell'Ammore, la Biblioteca della Carriera, il Soggiorno Tutto Per Me, il Salotto delle Conoscenze, il Bagno del Carattere, la Stanza degli Hobby.
Come dev'essere una casa. Rosa, prima di tutto.

Me la sono arredata. Con cura. Scegliendo i mobili che potevo scegliere e cercando di abbinare al meglio quelli che trovavo già lì.
Di solito ci sto come un pascià, nella mia mente ammobiliata.

Certo, ci sono i momenti in cui preferisco una stanza ad un'altra. Se mi sembra che la Biblioteca della Carriera non offra nessun nuovo libro da leggere vado a fare due chiacchiere nella Cucina dell'Amicizia. O mi spaparanzo beatamente sul divano del Soggiorno Tutto Per Me. Cambiamenti temporanei. Piccoli adattamenti.

Ci sono anche posti dove non vado volentieri. Lo Sgabuzzino delle Insicurezze, la Lavanderia della Coscienza Sporca, l'Angolo Buio dei Sogni Infranti, il Garage dei Desideri Irrealizzabili, la Soffitta dei Sensi di Colpa. Per carità, sono conscia della loro esistenza. Semplicemente, dato che mi sono fatta tutto 'sto sbatty per rendere la mia mente un posto soleggiato, arioso e gradevole, non vedo perchè dovrei andare a rovistare in posti umidi e bui. So che ci sono? Sì. Stanno bene dove stanno? Sì. Prima o poi vi metterò in ordine, ma non ora. Mi limito ad ammassare disordinatamente tutta la negatività e a buttarla nell'antro buio di turno. Oh, là. * chiude la porta, si spolvera le mani e se ne va soddisfatta *

Anche perchè, come ogni casa che si rispetti, la mia mente dev'essere pronta per accogliere ospiti. C'è gente che ci vive in pianta stabile (non avete un'idea del bordello che combina mio padre nella Sala da Pranzo della Famiglia, o dello stato di subbuglio in cui versa la Cucina dell'Amicizia da quando ho scoperto che la mia migliore amica si sposa. Aggiornamento: si è sposata, e vivono Felici e Contenti comeègiustochesia.)
Ci sono persone di passaggio, per periodi più o meno lunghi. Com'è ovvio, non a tutti mostro tutta la casa. Sì, prendete pure un aperitivo nel Salotto delle Conoscenze, ma poi tornatevene a casa vostra e non rompetemi le balle. Anzi, ripensandoci, tu mi sei simpatica, ti va di vedere la mia Cucina?

Come dicevo, è un posto bello in cui vivere, per la maggior parte del tempo.

Ma.

C'è sempre un ma, non ve l'hanno mai detto?

Il ma è il momento in cui devo puntellare il soffitto, perchè la Soffitta dei Sensi di Colpa ha raggiunto la capienza massima. E dato che le sfighe vanno sempre in coppia, o a tre, o a mazzi di dodici, lo Sgabuzzino delle Insicurezze è pieno da scoppiare. Rischia di esplodere.

Che non vi salti in mente di rifugiarvi nella Camera da Letto dell'Ammore convinti che i problemi spariranno se ve ne state rintanati lì. Beh, ovviamente io sono bravissima a dare consigli dopo aver personalmente combinato cazzate. Quindi fate anche un po' quel che vi pare e non ascoltatemi, che vivete bene uguale.
Come puoi pensare che un altro essere umano si accolli la responsabilità di mettere in ordine il casino che TU hai creato? Certo, c'è gente che lo fa per mestiere. I domestici. O gli psicologi. Ma mica gratis, eh.

E dato che insisto con il fai-da-me, sarà meglio mettersi al lavoro.

Come gli uomini immaginano le pulizie di casa...
É un lavoro improbo. Vi è mai capitato di avere un garage in cui ammassate tutte le cianfrusaglie che vi capitano a tiro (regali orribili di zia antipatica, mobili che non volete più, libri che non vi piacciono e si può continuare all'infinito)?

Ecco, uguale.

Armarsi di tutone informe, raccogliere i capelli in un poco attraente chignon, rigorosamente struccate. Certe fatiche si affrontano al naturale, ci si deve spogliare di tutti gli orpelli. Entrate nude e indifese nella vostra mente. E iniziate a spostare roba. È buio, polveroso. Non è piacevole, ma siete arrivate a un punto in cui rimandare ancora sarebbe devastante. Hai già rimandato il rimandabile Iaia, ora apri quello scatolone, e vedi che c'è dentro.

Il primo pensiero è “Oddio non finirò mai”. Vi sentite Sisifo, lanciato nell'Ade da Zeus e munito enorme pietra rotonda da spingere faticosamente fino alla sommità di una montagna, per poi vederla rotolare giù. E dover ricominciare da capo ogni volta.

...e come sono realmente

Ed è un lavoro che non finisce mai. Ma mai. Ma MAI. Io ci sono ancora in mezzo fino al collo, nel mio casino. Ma inizio a vedere le finestre delle stanze, che da tempo erano sepolte di rottami accumulati. E qua e là, qualche angolo di pavimento lucido.

Dai Iaia, dai che ce la fai.


E quando ce l'hai fatta, BOOM. Improvvisamente è aprile, e ti sembra il primo giorno di sole da una vita. E decidi che puoi liberarti del cappotto, e prendere la bici, e andare al lavoro cantando la tua canzone preferita, e il traffico ti passa vicino e tu neanche te ne accorgi perchè sei FELICE.

E la cosa migliore è che quella felicità te la sei conquistata da sola.

lunedì 23 settembre 2013

ODDIO SONO BIONDA. Dentro e fuori.



Lo sto facendo. Lo sto facendo davvero. Sì, ho detto che l’avrei fatto. Ma tra dire che lo farò e farlo davvero c’è una bella differenza.
Sono seduta dal parrucchiere. Palmi delle mani sudati, piedino irrequieto, occhioni da Bambi che sta andando al macello e lo sa.

Sono qui a farmi BIONDA.

Io, una bruna da una vita. Una i cui capelli non hanno mai subito l’onta dell’acqua ossigenata (sì, vabbè, una piccola tintura all’hennè a quindici anni, ma sono errori di gioventù, suvvia). E invece adesso sono qui davvero.

E neanche mi faccio tutta bionda, no, se dobbiamo fare le cose facciamole bene, esageriamo. Mezza bionda, mezza mora. Punte oro, radici bronzo.
Na pazza, praticamente.

Ma il mio hair stylist (sorprendentemente etero, pensavo non li fabbricassero neanche più, i parrucchieri etero) mi assicura che le mèches californiane sono il dernier cri della moda hollywwodiana.

Blair Waldorf (nella vita vera Leighton Mesteer) con la mia stessa tamarrata tricologica. Se l'ha fatto LEI posso farlo anche io, eh, inutile che mi perculate.


Pastella maleodorante sulla testa, avvolta nel cellophan. Tensione. Ascolta, parrucchiere, non è il caso di toglierla ‘sta fanghiglia ossigenata o giù di lì? Dai, dai, che il tempo di posa è più che passato. Ansia. 

Rimuove la poltiglia sbiondante. Mi lava-asciuga-metteinpiega. Mi presenta compiaciuto uno specchio, aspettandosi complimenti. Beh, a parte che non ho capito chi sia quella tizia con gli strani capelli che mi guarda con aria stralunata, tutto bene.

NO, ASPETTA, CHE COSA?!?!

Quella non sono io. Esperienza extrasensoriale di migrazione dal proprio corpo, panico.

MA: “Non essere tu” era esattamente il motivo per cui sei entrata nell’antro dell’orco, ricordi?

Vi spiego. Psiche femminile e chioma sono inscindibilmente connessi. Il processo mentale è: “Insoddisfazione, qualcosa non va. Devo cambiare (vita/ me stessa/ mondo che mi circonda).” E la prima mossa è sempre, invariabilmente, cercare nel proprio cellulare il numero del coiffeur. Lui sa. Distingue chi è entrata per la solita spuntatina da cinque millimetri e chi invece ha la rivoluzione nella capa.

La prima è tranquilla come un sultano orientale all’ora di cena, la seconda ha il Darfur negli occhi.

Il parrucchiere conosce l’animo femminile. Intuisce che è passato il momento del “Dai, facciamo anche una frangetta”. E’ tempo di soluzioni definitive, di rappresaglia massiccia. E tempo di forbici indemoniate e di colori improbabili. Abbiate paura di una donna che d’improvviso varia acconciatura in modo drastico. E’ una dichiarazione di guerra, sappiatelo.

Ahem, tornando a noi. Reazioni varie ed avariate: amica vegana totalmente refrattaria alla moda che mi chiede “Hai fatto lo Shatzu? Bello!”. Tesoro, a parte che è shatush e non shatzu, che sono dei massaggi, e comunque no, sono mèches californiane.

Amico che si informa circospetto: “Ma è voluto?!?”. Si che è voluto, pirla. Ti sembra che andrei in giro con la zazzera mezza gialla e mezza marrone se non lo volessi? Sarei sotto il letto a nascondermi!

Amica milanese: “Nooo che hai fatto, tu eri il prototipo della mora chic!”. Beh, forse non voglio più essere una mora chic, non ci avevi pensato? Voglio essere una bicolore tamarra.


In ogni caso, non passerete inosservate, e avrete iniziato il percorso che vi poterà a diventare Barbie. Un sogno che si avvera. 

Missione compiuta.

Ah, se vi interessa questa sono io. Una bicolore tamarra, appunto.